Le Frazioni    Flecchia
Le due borgate di Villa Sotto e Villa Sopra costituiscono il centro di quello che fino al 1928 fu il Comune di Flecchia. Il nome Felegia curtis compare già in un documento del 1227, e all'inizio del Trecento il paese fu saccheggiato da Fra Dolcino.
A riprova della sua crescita, la comunità ottenne l'istituzione della parrocchia nel 1438 e nel 1480 la concessione di propri statuti dai Signori di Crevacuore.

Le alture ben esposte al sole, benché ormai quasi interamente coperte da boschi per l'abbandono delle attività agricole, portano ancor oggi i segni dei terrazzamenti su cui venivano coltivati cereali, verdure e alberi da frutta. La popolazione delle due borgate crebbe lentamente fino alla metà del Novecento, superando quota 500, per poi sensibilmente calare nell'ultimo mezzo secolo.


A Villa Sotto fino a pochi decenni fa esistevano bar, scuole, negozi, servizi, botteghe artigianali.
Nel 1878 qui venne costruito il grande edificio che ospitava il Municipio e le scuole, e nel 1922 fu inaugurata la "Casa del Popolo", interamente costruita dal lavoro volontario dei soci operai.

A Villa Sopra sono degni di nota:
> la parrocchiale intitolata a Sant'Ambrogio, costruita nella forma attuale a metà Seicento
> l'antico oratorio di Sant'Eusebio, primitiva chiesa parrocchiale ampliata nella seconda metà del Settecento
> il maestoso palazzo Riccio, fatto erigere dall'abate Giovanni Riccio nella seconda metà del XVII secolo.

Il Palazzo Riccio    Cenni storici
Su questo che, nonostante il degrado sempre più avvilente, è senza dubbio uno dei più bei palazzi signorili della Valsessera se non il più bello in assoluto, si sono sempre raccontate molte inesattezze.
Lo si è detto appartenuto ad un Vescovo, o ai Ferrero Fieschi, Signori di Masserano e Crevacuore, lo si è spacciato per costruzione rinascimentale. In realtà fu fatto costruire nella seconda metà del Seicento da Don Giovanni Riccio, che era allora Dottore d'ambe le leggi, Protonotaro apostolico, Consultore del S. Offizio et già Provicario Episcopale oltre che priore di S. Tommaso, la parrocchia vercellese che oggi non esiste più perché dal 1819 venne trasferita nella chiesa di S. Paolo.

Insomma, per dirla in termini più semplici, Giovanni Riccio era un pezzo grosso, uomo di legge e di Curia a Vercelli. Le sue entrature e il suo potere fecero strada al nipote Bartolomeo, prima parroco a Flecchia e poi suo successore a S. Tommaso, e gli valsero la stima e la gratitudine dei compaesani flecchiesi, i quali più volte si rivolsero a lui, andandolo a trovare a Vercelli o nel Palazzo quando era presente per brevi periodi in paese, per ricevere assistenza giuridica o sollecitare raccomandazioni presso i giudici dei tribunali incaricati volta per volta di dirimere le vertenze, frequentissime e trascinate per lunghi anni, con le comunità confinanti di Crevacuore e Curino. In pratica, una specie di miscuglio tra un santo protettore e un manzoniano Azzeccagarbugli. Ma che ci faceva a Flecchia costui?

La sua famiglia abitava a Flecchia ma ci doveva essere arrivata da poco. Andando a spulciare le carte dell'archivio parrocchiale, sui libri dei battesimi, dei matrimoni e dei morti relativi alla prima metà del Seicento vi imbatterete in pochissime citazioni del nome Riccio e oltretutto sempre citato in versioni differenti come Del Rizzo, De Riccetto, De Tonso sive De Rizzo oppure De Tonso sive De Riccio. Si può congetturare in vari modi ma l'ipotesi più probabile, allo stato attuale delle ricerche, è che la famiglia Riccio presente a Flecchia fosse un ramo collaterale delle nobili famiglie piemontesi e liguri che portano tale nome, con varianti De Rizzo, De Rizzio, De Rizzi, venuta a Flecchia da pochi decenni. La discendenza nobile di Giovanni Riccio sembra confermata dal testamento, in cui si legge "Giovanni Riccio figlio del Nobile Bartolomeo di Flecchia Stato di Messerano" e dallo stemma fatto affrescare sul muro interno del loggiato al primo piano, tutt'oggi visibile anche se sbiadito e parzialmente coperto, ma potrebbe essere anche una semplice millantata nobiltà.


Perché poi il nome Riccio appaia, già nella seconda metà del Seicento e poi per la prima generazione del Settecento, abbinato all'altro cognome Tonso, questo sì tipicamente flecchiese, sembra da attribuire al desiderio di dare lustro al nome Tonso con l'aggiunta di un nome prestigioso e patrizio: i figli che nascono dal matrimonio tra Giovanni Pietro Tonso e Margherita Riccio, sorella del priore Giovanni, portano il doppio cognome e molti dei loro figli conserveranno solo il nome Riccio.

Certo che quando fu costruito doveva essere davvero una meraviglia. I canoni stilistici, come ha giustamente sottolineato Vera Comoli Mandracci, richiamano quelli del secolo precedente, ma questo non può bastare per retrodatare la costruzione. Si deve piuttosto concludere che anche in questo caso, come in altri, le nostre vallate periferiche rivelano un ritardo cronico che fece sì che il gusto e le modalità costruttive siano sempre state sfasate rispetto a quelli dell'edilizia e dell'arte cittadina.

Immaginatevelo con il tetto in perfette condizioni, nessuna crepa né rattoppi in cemento, lo stemma che spicca nitido sulla parete, nessuna apertura oltre alle finestrelle simmetriche, alle arcate maestose dei due piani e agli archetti eleganti del sottotetto e, soprattutto, fategli spazio, cancellate mentalmente le scale laterali esterne e la casa attigua, lasciandogli attorno un "chioso" con orto e prato declinanti verso la piazzetta dell'Oratorio di S. Spirito o di S. Eusebio come anche si chiama.

Nel 1681 Flecchia, con tutte le sue frazioncine, contava 366 abitanti, pressoché tutti contadini analfabeti. Villa Sopra non doveva superare le 70 unità, raccolte in una quindicina di case.
Quel Palazzo imponente e maestoso, costruito dirimpetto alla collinetta della Chiesa parrocchiale quasi a contenderle prestigio, in posizione visibile da buona parte della valle, doveva apparire assolutamente estraneo alle casupole che, a debita distanza, gli facevano corona ed ergersi come espressione simbolica di una superiore dignità sociale.

Ricerche storiche ed Etnografiche: Prof. Marcello Vaudano




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