Le Frazioni    Pianceri
Posta sulla sommità di un contrafforte collinare sulla sponda sinistra del Sessera, Pianceri rimase borgata di Crevacuore fino all'ottenimento dell'indipendenza comunale nel 1736 e nel 1928 fu accorpato al nuovo comune di Pray.
La parte alta del paese è quella che si sviluppò per prima, mentre solo dalla metà dell'Ottocento in poi, con la costruzione del grande lanificio oggi Trabaldo Togna, la zona sulle rive del Sessera venne urbanizzata.

Le attività agropastorali connesse alla presenza di boschi e declivi terrazzati ben esposti al sole rimasero a lungo predominanti, accanto ai mestieri edili, fino a che l'industrializzazione del fondovalle non trasformò i contadini-artigiani in operai tessili. Anche l'emigrazione, inizialmente stagionale e poi anche definitiva, soprattutto verso la Francia, fu praticata a lungo e intensamente.


Testimonianze significative del passato sono la bella chiesa parrocchiale, costruita a metà Seicento subito dopo la separazione di Pianceri dalla vicaria di Crevacuore, e l'oratorio del Guarnero, antichissimo oratorio ricostruito nelle attuali forme all'inizio del Settecento dopo che quasi un secolo prima un furioso incendio l'aveva devastato insieme a molte case del borgo.

Nella piccola cripta di quella che fu con ogni probabilità la prima chiesa sorta a Pianceri e che per un certo periodo fu usato anche come lazzaretto, ossia ricovero per malati infetti da isolare, sono conservati alcuni preziosi affreschi, tra cui uno raffigurante cinque Madonne assise in trono con Bambino riportanti la data 1503.

L'Oratorio del Guarnero    Cenni storici
Anche se l'aspetto con cui si presenta oggi risale ai primi decenni del Settecento, l'Oratorio del Guarnero é molto più antico, tanto che la tradizione vuole che sia, e con ogni probabilità lo è, la prima chiesa sorta a Pianceri. Per lunghi secoli Pianceri fu uno dei "cantoni" di Crevacuore, insieme a Caprile, Ailoche, Postua e Guardabosone, e ottenne la propria indipendenza comunale solo nel 1738, per poi perderla quasi due secoli dopo all'atto dell'accorpamento in uno solo dei tre precedenti piccoli Comuni di Flecchia, Pray e Pianceri (1928).

L'autonomia religiosa era già stata conquistata nel 1628, quando venne istituita dall'Arcivescovo di Vercelli la nuova parrocchia, su richiesta dei capifamiglia del borgo. Costoro si impegnavano in perpetuo a fornire una congrua e un consistente patrimonio immobiliare al Parroco (cui si aggiunse ben presto anche un Viceparroco) e chiedevano di poter mantenere il "diritto di patronato", ovvero il privilegio di scegliere essi stessi il Parroco da far poi approvare alla Curia arcivescovile.

Le memorie lasciateci da don Giovanni Battista Becino, primo Viceparroco e poi, dal 1662 al 1682, Parroco della nuova parrocchia, sono decisive per ricostruire le vicende non solo religiose della comunità a cavallo della metà del secolo. Esse ci narrano - a dire il vero con una certa reticenza visto che non fanno cenno al responsabile del fatto, ovvero il Marchese di Crevacuore Paolo Besso Ferrero Fieschi -, dell'incendio che nel 1635 distrusse parte del paese, bruciando completamente l'Oratorio del Guarnero, i prati e i boschi attigui nonché alcune case; danno conto della serie di lavori per la costruzione della chiesa parrocchiale intitolata a S. Grato dal 1640 al 1667; parlano della vita quotidiana della popolazione con le sue miserie e le sue nobiltà.


Dopo il rovinoso incendio l'Oratorio del Guarnero venne dallo stesso don Becino fatto riparare, ma le sue condizioni dovevano essere ben precarie se il Vescovo, avendolo visitato nel 1665, lo fece interdire. Fu in seguito a questo provvedimento che la popolazione finanziò il completo rifacimento, iniziatosi nel 1691 e concluso nel 1733. Fin dal 1709 vi venne portata la statua in legno dorato e smaltato di Maria Santissima Assunta e l'Oratorio acquisì il rango di Santuario mariano.
Nonostante questo, all'inizio del nostro secolo la piccola chiesa corse il concreto rischio di scomparire come luogo di culto e fu al centro di un vivace scontro tra il Parroco e le autorità comunali. Gli amministratori intendevano trasformarlo in via definitiva, e non più occasionalmente com'era stato in passato, in un lazzaretto, ovvero un ricovero per coloro che fossero colpiti da malattie infettive quali tifo e colera e che dovevano perciò essere isolati. Alla fine non se ne fece nulla, ma l'edificio, pur rimanendo luogo di culto, fu trascurato e andò via via degradandosi tanto che il Comune minacciò nel 1985 la demolizione.

La costituzione di un comitato pro restauro e la generosità della popolazione salvarono ancora una volta l'Oratorio, che si presenta oggi pulito, ben tenuto e frequentemente usato.
Dal punto di vista architettonico la costruzione non ha particolari pregi: l'esterno è sobrio e senza traccia delle pitture che in passato lo ornavano, l'interno è a una sola navata e non ha altri ornamenti che qualche decorazione a stucco, la volta affrescata e tre statue, di cui la più importante è senza dubbio quella dell'Assunta, nella nicchia sopra l'altare.

Di particolare interesse è invece la piccola cripta cui si accede da una porticina che si apre sulla parete esterna sinistra dell'edificio. La nicchia della parete sinistra è interamente affrescata con cinque Madonne in trono con Bambino contornate da altre figure.
Sul libro che il leone di S. Marco regge tra le zampe è leggibile quella che dovrebbe essere la data di esecuzione dei dipinti: 1503. Purtroppo gli affreschi versano in cattive condizioni, alcuni sono parzialmente scrostati, altri hanno colori che sbiadiscono o sono quasi totalmente scomparsi per lasciare solo il segno del disegno di contorno.


Il buio quasi totale e lo strato di nero fumo, causato dai ceri votivi accesi nella nicchia ma forse, almeno in parte, antico ricordo dell'incendio devastatore, rendono ancor più ardua la decifrazione delle figure e l'osservazione di un'opera che merita di essere recuperata e tutelata.

Ricerche storiche ed Etnografiche: Prof. Marcello Vaudano



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